REFUGIA _ cos’è CASA?
16 giorni di attivismo
No Where/nessun posto si trasforma in Now Here/qui adesso
La casa è contemporaneamente “qui adesso” e in “nessun posto”
Refugia 2025 è un progetto di attivismo culturale tra arte, ricerca, formazione, attivismo, politica e comunità. Si pone come luogo aperto alla riflessione sui temi delle marginalità culturali e sociali, sui diritti e sulle distorsioni che la società manifesta. Consapevoli che ogni mutamento culturale viene rappresentato attraverso e sopra un corpo, il progetto coinvolge i corpi individuali e collettivi tramite pratiche, laboratori, condivisioni ed incontri. REFUGIA è uno spazio di ricerca artistica ma anche una proposta di attivismo culturale della durata di 16 giorni. Si manifesta in modo diffuso in Quartiere Savena nel periodo compreso tra il 25 Novembre (giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne) e il 10 Dicembre (giornata internazionale dei Diritti Umani). Uno dei propositi è quello di creare un sistema integrato tra formazione, visione e ricerca artistica favorendo l’ascolto delle nuove generazioni e creando un calendario di appuntamenti a sostegno delle comunità. Il progetto stimola coesione e sensibilità ed è in grado di divenire uno strumento di integrazione delle differenze. Il tema cardine della quarta edizione di Refugia vede come principale soggetto la casa: cos’è CASA?
Cosa trasforma un posto in una casa? La casa è un luogo? Una memoria? Un ideale? Oppure la casa è dove sei cresciuto, dove vive la tua famiglia. Dove sono sepolti i tuoi genitori. La tua casa è dove vive tua madre. Dov’è casa tua? E’ il luogo dal quale sei stato allontanato o nel quale ti trovi ora?
I figli di molti migranti a quale luogo si sentono appartenere?
La casa è uno spazio immaginario? Il buco nero del desiderio?
Il corpo è la prima casa che si abita. E come abitiamo questo luogo? Dove ne percepiamo i confini… e cosa succede quando questi vengono violati?
Un tema poliedrico, quello della casa e dell’abitare, che ci collega alla dimensione del corpo da un lato e a quella del mondo e del territorio dall’altro, ora più che mai.
Figlie della lontananza e della dislocazione, le dispersioni di popoli e di comunità generano a loro volta e danno vita a una patria immaginaria.
“La casa è un’idea”, scrive Janet Zandy, “una geografia interna dove il dolore di voler appartenere finalmente ti abbandona, dove non c’è più alcun senso di “alterità”, dove c’è infine una comunità” che accoglie, integra e genera nuovi significati ed emozioni condivise.
Una poetica della dislocazione, per alcuni, può avere inizio nel riconoscere che la casa è il non/nessun luogo in cui vogliono stare, un posto dove forse risiede il cuore, ma che può essere lasciato e questo abbandono può far scaturire altre parole, gesti, movimenti. La poetica dello shock, della frattura, della dislocazione, implica una divisione emotiva, spirituale e spesso anche fisica, una separazione netta dalla propria “casa”, per quanto questa possa essere un concetto immaginario. Si aprono quindi voragini di senso e domande infinite che contribuiscono a creare una progettualità aperta, dialogante e processuale.
Il concetto CASA si intreccia tra le due giornate che aprono e concludono il progetto, rendendo dialettico e complesso: il farsi casa nel CORPO individuale (25 Novembre) e il farsi casa nel CORPO collettivo e comunitario (10 Dicembre).